Oggi, chi progetta o realizza un edificio di nuova costruzione o affronta una ristrutturazione profonda, non può prescindere dalla realizzazione di un’infrastruttura fisica multiservizio in grado di ospitare i servizi di comunicazione elettronica a banda ultralarga. Ecco cosa dice la normativa.

Negli ultimi anni, il concetto di “predisposizione digitale” degli edifici è passato da elemento opzionale a vero e proprio requisito normativo. Il riferimento cardine è l’articolo 135-bis del DPR 380/2001, inserito con la Legge 164/2014 – nota come “Sblocca Italia” – e diventato operativo a tutti gli effetti con l’entrata in vigore del D.Lgs. 33/2016.
Questo articolo ha segnato una svolta profonda: oggi, chi progetta o realizza un edificio di nuova costruzione o affronta una ristrutturazione profonda, non può prescindere dalla realizzazione di un’infrastruttura fisica multiservizio in grado di ospitare i servizi di comunicazione elettronica a banda ultralarga.

Un obbligo per ogni nuova costruzione

L’articolo 135-bis impone che ogni edificio di nuova realizzazione – sia esso a destinazione residenziale, commerciale o mista – debba essere dotato di un’infrastruttura digitale passiva. Questo vale anche per le ristrutturazioni rilevanti, ovvero tutti quegli interventi edilizi che comportano un rifacimento integrale degli impianti, delle murature interne e dei sistemi di distribuzione dei servizi. L’infrastruttura richiesta deve comprendere, come minimo:

  • Una rete in fibra ottica che raggiunga ogni unità immobiliare,
  • Un punto di accesso per i provider di rete (PTO) situato in una posizione accessibile dall’esterno,
  • Canalizzazioni e spazi tecnici idonei a ospitare cavi, dispositivi attivi e passivi, connessioni per servizi futuri.

Non si tratta di una raccomandazione tecnica, ma di una vera e propria condizione per l’agibilità: se l’infrastruttura non è presente, il Comune non può rilasciare il certificato di agibilità. Questo cambia radicalmente la prospettiva dei professionisti del settore elettrico e impiantistico: la predisposizione della rete non è un extra, ma una parte strutturale del progetto edilizio.

Predisporre significa costruire valore

Al di là dell’obbligo normativo, la richiesta di una rete multiservizio nasce dall’esigenza reale di rendere gli edifici compatibili con l’evoluzione digitale. Una casa “connessa” non è solo una casa che può accedere a Internet: è un ambiente dove i sistemi di sicurezza, gli impianti domotici, la climatizzazione, l’automazione e i servizi di telemedicina possono comunicare e integrarsi in modo efficiente. La rete in fibra ottica è il canale abilitante per tutto questo. Progettare oggi un’infrastruttura fisica digitale ben realizzata significa aumentare il valore dell’immobile, ridurre i costi futuri per adeguamenti e facilitare l’installazione di nuovi servizi da parte dei provider.

Il punto di accesso: l’interfaccia con il mondo esterno

Uno degli aspetti fondamentali richiesti dalla norma è la presenza del cosiddetto punto di accesso. Si tratta di un locale tecnico (o una canalizzazione) accessibile ai fornitori di servizi di rete, attraverso il quale questi possono attestare i propri cavi e interconnettere la rete pubblica con quella privata dell’edificio. Questo spazio deve essere conforme a requisiti tecnici minimi (accessibilità, protezione, identificazione), e la sua assenza o realizzazione errata compromette la possibilità di collegare l’edificio alla rete esterna. Il punto di accesso è, di fatto, il nodo iniziale della nuova architettura digitale degli edifici.

Una norma edilizia con implicazioni impiantistiche

È importante sottolineare come l’articolo 135-bis non sia una norma impiantistica, ma una norma edilizia, che tuttavia ha ripercussioni dirette sull’intero progetto elettrico e tecnologico. Questo comporta una responsabilità congiunta tra progettista architettonico, impiantista e installatore elettrico. La sinergia tra queste figure è oggi indispensabile per rispettare l’obbligo normativo e, allo stesso tempo, offrire un’infrastruttura tecnologica coerente, scalabile e conforme ai futuri standard di connettività.

L’etichetta “Edificio predisposto alla banda ultra larga”

Il processo di digitalizzazione del patrimonio immobiliare italiano ha trovato un punto di svolta con l’introduzione dell’etichetta “Edificio predisposto alla banda ultra larga”. Non si tratta di un semplice bollino decorativo, ma di una certificazione tecnica e normativa che attesta la presenza di una infrastruttura fisica multiservizio adeguatamente progettata, conforme alle normative e pronta per l’erogazione di servizi digitali evoluti. Dal 2022, l’etichetta è diventata uno strumento obbligatorio per tutti gli edifici di nuova costruzione e per quelli oggetto di ristrutturazioni rilevanti, sancendo un passaggio definitivo verso il concetto di “edificio connesso per progetto”.

L’origine normativa dell’etichetta

L’etichetta è stata formalizzata dal Decreto Legislativo 207/2021, che recepisce la Direttiva UE 2014/61 in materia di riduzione dei costi della banda larga e promozione della connettività. Il provvedimento ha reso operativo quanto già previsto in forma generale dall’articolo 135-bis del DPR 380/01, introducendo un meccanismo di certificazione ufficiale basato su criteri tecnici oggettivi. Dal 1° gennaio 2022, l’etichetta è obbligatoria e deve essere rilasciata al termine dei lavori da un tecnico abilitato, che attesti la conformità del sistema impiantistico alle specifiche contenute nelle guide CEI di riferimento.

Cosa attesta l’etichetta

Il rilascio dell’etichetta comporta la verifica che l’edificio sia effettivamente predisposto per la connessione a banda ultra larga. Questo significa che:

  • È presente un’infrastruttura multiservizio fisica passiva realizzata secondo le indicazioni delle guide CEI 306-2 e 64-100.
  • Ogni unità abitativa è collegata mediante cavi in fibra ottica (o predisposta per esserlo) fino a una scatola terminale ottica (STOA).
  • È stato realizzato un punto di accesso accessibile ai provider, con le necessarie protezioni e identificazioni.
  • I percorsi dei cavi, i locali tecnici e le canalizzazioni rispettano gli standard di accessibilità, protezione meccanica e separazione funzionale.

Inoltre, l’etichetta distingue tra edifici completamente predisposti (cablaggio effettivamente installato) ed edifici predisposti “ready”, nei quali la rete è solo passante ma tutti gli elementi di supporto sono presenti.

Un vantaggio competitivo per gli edifici

Oltre agli obblighi normativi, l’etichetta offre un valore aggiunto commerciale: un edificio predisposto alla banda ultra larga è oggi percepito come più moderno, efficiente e pronto per il futuro. Può supportare smart working, domotica, streaming ad alta definizione, telemedicina, gestione remota dei dispositivi e molto altro. Non a caso, molte imprese di costruzione iniziano a utilizzare l’etichetta come elemento distintivo nella promozione immobiliare, garantendo ai clienti un’infrastruttura digitale già pronta all’uso.

Installatori protagonisti del cambiamento

Il ruolo dell’installatore elettrico in questo scenario è cruciale: non solo per la posa dei cavi, ma per la predisposizione completa dell’infrastruttura secondo gli standard richiesti, il supporto al progettista e la collaborazione con il tecnico certificatore. In molti casi, l’installatore è la figura chiave che può far sì che l’edificio ottenga effettivamente l’etichetta. Conoscere dunque nel dettaglio le guide CEI, i requisiti tecnici e i criteri di collaudo diventa oggi una competenza indispensabile.

CEI 306-2: progettare l’infrastruttura digitale in pratica

La norma impone l’obbligo, ma è la guida tecnica CEI 306-2 a tradurre tale obbligo in un progetto concreto, con indicazioni operative dettagliate su cosa installare, come predisporre gli spazi e quali elementi devono essere presenti in ogni edificio predisposto alla banda ultralarga. Si tratta di un riferimento fondamentale per chi progetta e realizza impianti elettrici e tecnologici: una guida che accompagna installatori, progettisti e costruttori nella messa in opera dell’infrastruttura fisica multiservizio, secondo criteri uniformi, funzionali e scalabili.

Da principio astratto a progetto realizzabile

La CEI 306-2 nasce proprio per rispondere all’esigenza, generata dall’articolo 135-bis del DPR 380/01, di rendere realizzabile e verificabile la predisposizione digitale degli edifici. Mentre la norma urbanistica impone “cosa fare”, la guida CEI indica come farlo: definisce i componenti essenziali, i criteri di dimensionamento, le modalità di posa, gli standard di accessibilità e l’architettura dei cablaggi. L’obiettivo è quello di uniformare le soluzioni impiantistiche, ridurre le ambiguità progettuali e garantire la compatibilità con gli operatori di telecomunicazioni e i fornitori di servizi digitali.

La logica dell’infrastruttura multiservizio

Il cuore della guida è rappresentato dal concetto di infrastruttura multiservizio fisica passiva (IFMP): una rete di canalizzazioni e spazi tecnici predisposta per accogliere tutti i servizi digitali attuali e futuri. La CEI 306-2 ne definisce la struttura gerarchica:

  • Il punto di accesso dell’edificio (o “locale tecnico”) è il terminale tra la rete pubblica e quella privata.
  • Il Centro Servizi Ottico di Edificio (CSOE) ospita gli elementi passivi della rete: pannelli ottici, splitter, giunti e cablaggi verticali.
  • La rete prosegue attraverso colonne montanti o canalizzazioni dorsali fino a raggiungere ogni unità abitativa.
  • All’interno dell’alloggio, la Scatola di Terminazione Ottica di Appartamento (STOA) o il Quadro di Distribuzione dei Segnali di Appartamento (QDSA) completano il sistema, consentendo il collegamento diretto dei terminali dell’utente (router, smart TV, gateway domotici).

Ogni tratto dell’infrastruttura è descritto con indicazioni di dimensionamento, materiali e modalità di posa, compresa l’identificazione dei cavi e l’accessibilità ai punti di giunzione.

Progettazione flessibile e interoperabile

Uno dei punti di forza della CEI 306-2 è l’approccio modulare e scalabile. La guida non impone soluzioni rigide, ma propone uno schema funzionale adattabile a edifici di qualsiasi dimensione, tipologia e destinazione d’uso. Viene incoraggiata la realizzazione di reti flessibili, con spazi di riserva per future implementazioni, e l’adozione di elementi standardizzati che facilitano l’interoperabilità tra i diversi operatori di rete e le tecnologie di trasmissione.

Questo significa, per esempio, prevedere tubazioni e pozzetti accessibili, utilizzare cavi ottici con connettori standard, adottare schemi di cablaggio a stella, e installare quadri con spazio sufficiente per dispositivi aggiuntivi.

Documentazione e tracciabilità

Altro aspetto centrale della guida è la documentazione tecnica. Per ottenere l’etichetta di edificio predisposto alla banda ultralarga, è necessario che l’infrastruttura multiservizio sia verificabile e tracciata. La CEI 306-2 specifica che il progetto deve includere:

  • Schema a blocchi dell’infrastruttura
  • Planimetrie con percorsi delle canalizzazioni
  • Identificazione dei cavi e dei punti terminali
  • Manuale d’uso e manutenzione dell’impianto

Questi elementi sono essenziali non solo per la certificazione, ma anche per la futura gestione dell’edificio: permettono agli installatori di intervenire in modo puntuale, agli operatori di attivare servizi senza interferenze e agli utenti finali di accedere a una rete stabile e performante.